Gioco d’azzardo patologico: quando il gioco diventa una dipendenza
Quando si parla di “gioco d’azzardo” ci si riferisce a giochi caratterizzati da scommesse in cui la potenziale vincita è completamente lasciata al caso. In Italia, il gioco d’azzardo in contesti pubblici o privati è vietato dalla legge, nonostante resta ammesso quello condotto all’interno di bar o altri locali pubblici. Negli ultimi decenni, tale pratica ha assunto una connotazione sempre più lontana dall’attività ludica che da sempre fa parte della vita dell’uomo.
La pratica del gioco d’azzardo può sfociare in una vera e propria dipendenza comportamentale (Gioco d’Azzardo Patologico – GAP). Questa condizione è riconosciuta oggi come Dipendenza Patologica, un disturbo compulsivo complesso e può comportare gravi disagi per la persona e per la famiglia a causa delle gravi ripercussioni sul piano relazionale, affettivo e finanziario. La ludopatia (gioco d’azzardo patologico) è una patologia, che, stando ai dati forniti dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), coinvolge circa un milione e mezzo di italiani.
Molto spesso il gioco d’azzardo patologico è associato all’uso di sostanze stupefacenti, abuso di alcool e presenza di patologie psichiatriche.
Una persona affetta da gioco d’azzardo patologico manifesta diversi sintomi che vanno dall’ansia, alla perdita di controllo, fino ad arrivare ad astinenza e assuefazione, ossessività, impulsività e compulsione, proprio come nella dipendenza da sostanze. Infatti, nell’ultima edizione del Diagnostic and Statistical Manual of MentalDisorders ( DSM-5 American PsychiatricAssociation, 2013), il “Disturbo da gioco d’azzardo” è stato inserito tra i “Disturbi senza sostanze” all’interno della nuova categoria diagnostica dei “Disturbi da dipendenza e correlati all’uso di sostanze”.
I giocatori d’azzardo ricercano inizialmente divertimento e svago, poi emozioni forti e adrenaliniche che hanno l’effetto di sospendere il pensiero e la riflessività, il contatto con emozioni angoscianti e dolorose. Inoltre, l’imprevedibilità del risultato è un’attrattiva più forte del gioco, in quanto spinge a giocare per l’illusione di controllare l’incontrollabile.
La pubblicità del gioco d’azzardo è in grado di influenzare fortemente le persone vulnerabili a spendere forti somme nel gioco.
La pratica del gioco tra gli adolescenti è in costante crescita proprio per le caratteristiche specifiche di questa fase evolutiva, quali l’impulsività, la ricerca di novità e di emozioni nuove. Lo sviluppo delle nuove tecnologie ha segnato la nascita di un nuovo modo di giocare, solitario, globalizzato, sempre disponibile, con regole semplici. I videopoker, le slot machines, il bingo, il gioco online, essendo accessibili a tutti e proponendo l’immediatezza del risultato e la velocità delle partite, aumentano sicuramente la possibilità di perdere il controllo del confine.
Si può intervenire a diversi livelli, attraverso la psicoterapia individuale, di coppia e familiare, la psicoterapia di gruppo con giocatori e famiglie, la terapia farmacologica, il sostegno psicologico, l’intervento socio-educativo. Buoni risultati si ottengono con i gruppi di sostegno con i giocatori e con le famiglie, l’invio ad Associazioni di Giocatori Anonimi (GA), Familiari di Giocatori Compulsivi (GAM-NON) e alle Comunità Terapeutiche per un intervento residenziale.
In questa patologia non essendoci terapie sostitutive, come per le dipendenze da sostanze, appaiono fondamentali la competenza e la professionalità di ogni figura professionale nel prendersi cura del paziente. Da qui la necessità di percorsi differenziati all’interno dei Dipartimenti delle Dipendenze attraverso la costituzione di un Servizio per la patologia da gioco e la valorizzazione delle diverse figure sanitarie che abbiano la capacità di sperimentarsi in una relazione d’aiuto.
L’Help line e counselling on line (telefono, chat, mail) dovrebbero essere una valida alternativa per l’accesso ai trattamenti per giocatori che rifiutano le opzioni più formali e tradizionali.
Il miglior intervento è senza dubbio la prevenzione.
Diletta De Benedetto