La “Sindrome del Colon Irritabile”

Foto Rubrica Salute & Benessere

Almeno una volta nella vita sarà capitato a tutti di avvertire una sensazione di fastidio o piccoli dolori alla pancia a seguito di stress fisici o psicologici. Da sempre a questo tipo di disturbi è stata dato il nome generico di “colite” mentre attualmente per gli stessi sintomi si è passati ad una vera e propria definizione patologica che tende a racchiuderli tutti nella cosiddetta “Sindrome del Colon Irritabile” (Irritable Bowel Syndrome, IBS) caratterizzata da specifici criteri diagnostici. Tale sindrome viene ormai considerata un disturbo a base organica appartenente alla vasta gamma dei “disturbi psicosomatici”, dove cioè le condizioni di malessere psicologico vanno a provocare problemi a livello organico.
Non si tratta di una patologia ereditaria né contagiosa ed il disturbo è solo di tipo funzionale, legato cioè al controllo delle feci.
Non si verificano, infatti, lesioni anatomiche specifiche dell’intestino ma solo un’attività disordinata della sua muscolatura che perde la normale capacità di contrarsi e rilassarsi in maniera coordinata. Alcune volte si possono avere contrazioni più forti e più lunghe del normale determinando così una spinta più veloce del cibo verso l’intestino con sviluppo di gas e diarrea.
Al contrario, in altri casi, il transito viene rallentato con conseguente insorgenza di stipsi. “Irritabile” sta ad indicare, per l’appunto, che l’intestino risponde in modo anomalo ed esagerato al passaggio di gas o fluidi generando un’attività non appropriata che può, ad esempio, fermare temporaneamente la peristalsi intestinale rendendo inefficaci gli sforzi compiuti per espellere le feci.
L’IBS è la seconda causa di assenteismo dal lavoro dopo l’influenza ed il disturbo spesso non è valutato in modo corretto: in alcuni casi viene sottostimato se non addirittura trascurato, altre volte invece viene tanto sovrastimato da influenzare negativamente la qualità del vivere quotidiano.
In base alle statistiche mediche ufficiali ne soffre il 30% della popolazione italiana con un rapporto donna/uomo che varia da 2:1 a 4:1. Sono molteplici i fattori che possono influenzare e spiegare la prevalenza della sindrome nelle donne rispetto agli uomini come ad esempio le diverse caratteristiche fisiologiche ed il differente background culturale.
Ad avvalorare questa teoria vi è il dato che gli uomini sembrano maggiormente restii nei confronti di tali argomenti e spesso non ne parlano volentieri con il proprio medico.
I soggetti più colpiti appartengono alle fasce di età centrali, con un’età media di 43 anni, ovvero nel periodo di vita a cui solitamente corrisponde il massimo dell’attività lavorativa e quindi dello stress.
E’ importante sottolineare che il colon è dotato di un proprio sistema nervoso semi-autonomo, denominato Sistema Nervoso Enterico (SNE), costituito da una fitta rete di neuroni ben strutturata e con un alto grado di autonomia dal Sistema Nervoso Centrale (SNC). L’intestino pur possedendo solo un decimo dei neuroni presenti nel cervello è in grado di fissare i ricordi legati alle emozioni e ha un ruolo fondamentale nel segnalare gioia e dolore: è quindi un vero e proprio secondo cervello.
In base alla teoria formulata dal neurobiologo Michael D. Gershon, definita per l’appunto “Teoria dei due cervelli”, esiste un asse cervello-intestino costituito da una ricca rete di fibre nervose che porta i due organi ad interconnettersi strettamente tra di loro. Pertanto il primo cervello può condizionare il normale funzionamento del secondo ma può accadere anche l’esatto contrario. Ad esempio una dieta inappropriata o disordini intestinali sono collegati a variazioni dell’umore così come, in senso inverso, stress e ansia possono determinare un’alterazione della peristalsi intestinale o della produzione di enzimi.
Una delle principali complessità della Sindrome del Colon Irritabile è il trattamento che sarà sempre mirato ad alleviare i sintomi. Superare le condizioni stressanti che possono derivare dall’ambiente familiare, sociale o da quello lavorativo ma, soprattutto, capire che il trattamento della IBS è sempre a lungo termine con cicli di terapia che, in base alle diverse condizioni, potranno essere ripetuti e che, per tale motivo, richiedono una grande pazienza ma rappresentano una prerogativa fondamentale.
La maggior parte delle persone colpite da tale sindrome non necessita di alcuna terapia farmacologica che in alcuni casi può addirittura avere un effetto controproducente in soggetti psicologicamente labili, rinforzando un comportamento da malato che potrebbe diventare patologico. Bisogna inoltre sottolineare che nessun farmaco si è dimostrato realmente efficace sull’intero complesso dei sintomi per cui, alla luce di ciò, il trattamento nutrizionale assume un ruolo cruciale.
Spesso chi soffre di IBS riferisce un’associazione tra il consumo di alcuni alimenti e la comparsa del “gonfiore” e per questo inizia a girovagare da uno specialista all’altro alla ricerca del farmaco “miracoloso”, ad effettuare test di intolleranze alimentari di “dubbia” validità e ad intraprendere, sui risultati di tali test, stretti regimi alimentari di esclusione che non risolvono i sintomi, ma che possono comportare importanti stati carenziali.
Per la dieta è fondamentale verificare quali siano le credenze del paziente e soprattutto individuare la presenza di potenziali squilibri valutando contestualmente se esiste uno specifico alimento che peggiora sistematicamente i sintomi.
Un miglioramento concreto nella qualità della vita di chi soffre di IBS si ha attraverso l’adozione della dieta a basso contenuto di FODMAPs (Fermentable Oligo-di and Mono-saccharides, And Polyols), protocollo proposto nel 2001 da alcuni ricercatori australiani la cui ipotesi era che i cibi contenenti questi tipi di carboidrati (a catena corta) potessero peggiorare i sintomi di alcuni disturbi digestivi come la sindrome del colon irritabile (IBS) e le patologie infiammatorie intestinali (IBD). Tali carboidrati vengono infatti assorbiti molto poco a livello dell’intestino tenue, hanno un potere osmotico elevato (richiamano acqua) e vengono fermentati rapidamente dai batteri intestinali portando facilmente a disturbi tipici della sindrome del colon irritabile (gas, distensione, flatulenza, crampi, diarrea).
In aggiunta ad un opportuno regime dietetico trattare le comorbidità psichiatriche induce un miglioramento a lungo termine della IBS attraverso interventi di tipo psicologico (psicoterapia dinamica, terapia cognitivo-comportamentale). La scelta del trattamento dipende sicuramente dalle esigenze del paziente ma l’elemento significativo è che i dati disponibili suggeriscono che le terapie psicologiche hanno un’efficacia comparabile all’uso degli psicofarmaci.
“Sono convinto che la digestione è il grande segreto della vita” (Sydney Smith)

Lino Moscato


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