“Il racconto dei racconti”: una profonda riflessione sulla natura dell’amore
Al centro delle tre storie incrociate ci sono tre regni: una regina triste (Salma Hayek) che non può avere figli rimane incinta in una notte dopo che il re (John C. Reilly) uccide per lei un drago marino e le fa mangiare il suo cuore. Nasce un figlio albino, ma anche una serva (che aveva cucinato il cuore) rimane incinta e partorisce un bambino albino identico. I due crescono come fratelli, anche se la madre cerca di separarli, e affrontano mostri.
Nella seconda storia, invece, c’è un re seduttore (Vincent Cassel) che si innamora della voce di una donna che non sa essere vecchia e brutta, lei non vuole farsi vedere e accetta di andare a letto con lui solo di notte. Scoperto l’inganno, il re la fa buttare dalla torre, ma non morirà: una strega la renderà giovane e bella, con somma invidia della sorella che si farà scorticare viva per ‘cambiare pelle’ anche lei.
Infine, la terza storia: una principessa in attesa di marito lo troverà in un orco orrendo, l’unico in grado di risolvere l’indovinello escogitato dal re (Toby Jones). Disperata e sola, nella caverna dell’orco sarà aiutata nella fuga da una famiglia di circensi e tornerà a casa zuppa del sangue della creatura.
Il nuovo film di Matteo Garrone, che specialmente per il panorama italiano è una produzione realmente imprevedibile, sostanzialmente attinge a piene mani, ma anche con grande libertà creativa, a tre racconti de “Lo cunto de li cunti”, la raccolta di fiabe più antica d’Europa, scritta fra il 1500 e il 1600 in lingua napoletana da Giambattista Basile.
Il risultato è un caleidoscopio di immagini potenti ed evocative, ma anche un carnevale di umani sentimenti, pulsioni e crudeltà, nonché una riflessione profondissima sulla natura dell’amore, che può (dovrebbe) essere dono e che invece, per quelle fiere che sono (ancora) gli esseri umani, è spesso soprattutto cupidigia.
Duro come possono essere dure le favole non edulcorate, immerso in scenari da favola (stavolta lo si può dire) tutti trovati in Italia, più che un fantasy moderno sembra la base dei fantasy… la base italiana dei fantasy.
Infatti, italiani sono i luoghi e le storie (Basile viene prima di Grimm e Perrault), così come il team creativo, mentre solo gli attori protagonisti sono stranieri.
Parliamo di una produzione costata 12 milioni di euro, molto grande e immaginata per l’esportazione.
Nonostante abbia il tono, le idee e lo stile sofisticato dei film da festival è immaginato per incassare. Non a caso c’è sangue, c’è umorismo, c’è sesso e ci sono draghi, pipistrelli giganti e pulci sovradimensionate.
E’ un film ‘Il racconto dei racconti’ che vuole impressionare, in cui castelli, gole, anfratti o labirinti reali compaiono all’improvviso come i mostri marittimi.
Ciò che distacca ‘Il racconto dei racconti’ da molte delle produzioni simili che vediamo solitamente è il fatto di essere l’opera di un ‘artista vero’, un film che non mira a coinvolgere il pubblico in un racconto incalzante, anzi è molto distaccato, come se ciò che mostra accadesse a persone con cui non ci si può immedesimare e punta invece a sorprendere con scene imprevedibili o momenti in cui si rimane a bocca aperta.
Più che a parole, ‘Il racconto dei racconti’ comunica per immagini, con la forza di alcuni momenti come non ne vedevamo da anni nel cinema italiano. Forse il suo unico difetto è di essere un po’ lungo (dura due ore), ma sono dettagli di fronte al grande respiro di questa produzione mostruosa.
Comunque, ‘Il racconto dei racconti’, che è uno dei tre film italiani che hanno combattuto a Cannes per un premio (gli altri sono stati ‘Mia Madre’ di Nanni Moretti e ‘Youth’ di Paolo Sorrentino), è uno dei lungometraggi italiani meno ‘italiani’ degli ultimi anni.
Ga. Ni.