Discorso del primo maggio di un sindacalista immaginario

Festa 1° Maggio - comizioLavoratrici e lavoratori, oggi siamo qui per celebrare la festa del lavoro, per guardare in faccia la realtà, giunti al 2015, e per affermare a chiare lettere che il diritto al lavoro non esiste!
Sì, avete capito bene, la pretesa di ciascuno di voi di svolgere un’attività lavorativa, alla quale corrisponda, in maniera speculare, l’obbligo per qualcun altro di garantirvi un’occupazione è radicalmente sbagliata ed illegittima, oltre che concretamente impraticabile. Ancor di più se quella pretesa è rivolta nei confronti dello stato. Sappiate che il diritto al lavoro, così inteso, non è scolpito in nessuna legge dello stato, tanto meno nella Costituzione repubblicana nel suo primo articolo.
Certo, l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, perché così vollero scrivere i costituenti, ma quella formula rappresentò un compromesso e un’alternativa alla ben più pericolosa proposta di socialisti e comunisti in assemblea costituente secondo la quale l’Italia sarebbe dovuta essere una Repubblica democratica fondata esclusivamente sui lavoratori.
Un brivido percorse l’onorevole Amintore Fanfani e i democristiani tutti al pensiero che il riferimento, non tanto velato, potesse rimandare alla Costituzione sovietica del 1936 che voleva fondare lo stato socialista solo sul contributo di operai e contadini e in contrapposizione a ogni altra classe sociale. Meglio allora se l’Italia fosse stata una Repubblica democratica fondata sul lavoro piuttosto che sui lavoratori.
E’ vero, la Costituzione dice che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto, ma è evidente che non può di certo significare che ciascuno di voi possa chiedere che qualcuno gli paghi un salario per svolgere un’occupazione a prescindere dall’utilità del lavoro che svolge e dalla necessità che di quel lavoro altri hanno di servirsi.
La Repubblica non può in alcun modo impedirvi di cercare un’occupazione confacente ai vostri desideri e alle vostre attitudini, questo è il vostro diritto, e ha l’obbligo, la Repubblica, di non frapporre alcun ostacolo al raggiungimento della massima occupazione. Ma se l’azienda presso cui lavorate chiude i battenti perché clienti e consumatori non acquistano più i beni che produce e i servizi che eroga, voi non avete il diritto di costringerli ad acquistare ciò che non desiderano o ad acquistare a un prezzo più elevato di quello che potrebbero trovare altrove in qualsiasi altra parte del mondo. Né avete il diritto di pretendere che lo stato vi paghi un lavoro per produrre ciò che nessuno vi chiede di immettere nel mercato o che la legge impedisca l’ingresso di merci e servizi provenienti da altre nazioni.
Ma, ciononostante, il diritto al lavoro, cari lavoratori, non risulta per nulla svilito, né ridimensionato da quanto vi ho sin qui detto. Voi, infatti, avete il diritto di salvaguardare il vostro lavoro, e dunque la vostra stessa dignità ed esistenza, costringendo lo stato e la Repubblica intera a consentirvi di essere competitivi, a consentirvi di produrre beni e servizi innovativi richiesti dal mondo intero a un prezzo conveniente per gli acquirenti. Avete il diritto di ottenere minore spesa pubblica e minori tasse, se entrambe rappresentano, come è a tutti evidente, un ostacolo al diritto al lavoro; avete diritto di chiedere minori sprechi e maggiore efficienza della pubblica amministrazione se il vostro diritto al lavoro è ostacolato dagli uni e dall’altra.
Avete diritto, lavoratori, di chiedere che gli investimenti di chi vi offre lavoro siano tutelati, prestando particolare attenzione alla sicurezza e alla lotta alla criminalità.
Avete diritto a che la giustizia risponda celermente alle istanze di chi rischia con idee e capitali per creare nuova occupazione.
Avete diritto a una disciplina dei rapporti di lavoro che faciliti l’incontro tra domanda e offerta e che valorizzi la libertà e l’autonomia di imprese e lavoratori.
Avete diritto a svolgere l’attività che più vi aggrada senza incorrere in limiti e riserve illiberali poste a salvaguardia esclusiva di chi già un lavoro ce l’ha.
Questo è il diritto al lavoro che potete e dovete costantemente rivendicare, non già nei confronti degli imprenditori, incentivati dal loro naturale desiderio di ricchezza a offrire lavoro, ma nei confronti dello Stato, leviatano divoratore di capitali e di lavoratori.
Buona festa del lavoro… buon primo maggio!!!

Ro. To.


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