Il giovane eclanese Ernesto Sirignano alla “Maratona di New York”
Cuore e la passione per grandi obiettivi, l’esperienza di Ernesto Sirignano alla ‘Maratona di New York’.
‘La Fenice’ o-nline incontra il nostro amico e concittadino Ernesto Sirignano, 38 anni, di professione commercialista, che lo scorso 2 novembre ha partecipato alla ‘Maratona di New York’, evento attesissimo da tutti i podisti e che richiama ogni anno decine di migliaia di runners da tutto il mondo. Ernesto ci consegna una storia ricca di emozioni, sacrifici e fatiche. Esempio di determinazione e passione per chi desidera raggiungere grandi obiettivi. Da Mirabella alla ‘Grande Mela’. Raccontaci come sei arrivato a questa esperienza?
«La maratona di N.Y è una meta ambita da tutti i maratoneti del mondo e non soltanto maratoneti ma anche da chi come me pratica questa disciplina a livello prettamente amatoriale, definendosi da sempre un “dilettante allo sbaraglio” che ha voluto realizzare il suo sogno nel cassetto: attraversare a piedi e insieme a cinquantamila persone il ponte più lungo del mondo (Il Ponte di Verrazzano) che collega State Island e Brooklyn e correre fra quei grattacieli così imponenti e luminosi che rendono New York una città davvero affascinante inconfondibile ed ineguagliabile».
Quando è nata la passione per la corsa e perché hai scelto di prendere parte a questo evento?
«Nutro la passione per la corsa da tantissimi anni, ho smesso di camminare da quando ho iniziato a correre! La decisione di partecipare a queste evento è stata presa quasi in maniera improvvisa e scherzosa. Una sera eravamo io ed il mio amico fraterno Mimmo Urciuoli, con cui condivido da molti anni tutto ciò che mi capita di piacevole e non, e a lui ho espresso questo mio desiderio. Dopo una breve riflessione mi confermò di essere d’accordo e soprattutto di volermi accompagnarmi in questa bellissima avventura. Un ringraziamento particolare va a lui che mi ha saputo consigliare, sostenere ed incoraggiare soprattutto nei momenti difficili durante gli allenamenti quando l’affaticamento muscolare si faceva sentire».
Quanto tempo hai impiegato per allenarti e riuscire a percorrere una distanza così importante?
«Dal giorno in cui ho effettuato l’iscrizione (intorno alla metà di luglio) fino alla fine di ottobre è stato un tour de force, ho percorso quasi 70 km a settimana in media, oltretutto ciò avveniva dopo giornate intere di lavoro e dunque era ancora più difficile. Ma quando ci si pone un obiettivo così importante la volontà, la forza e la determinazione di raggiungerlo fanno sì che tutto diventi molto più facile e leggero. Quando tornavo a casa la sera tardi, il dare un’occhiata al mio programma di allenamento e l’indossare le scarpette mi dava una carica di energia incredibile. Intanto, mentre la distanza dal giorno dell’evento si riduceva, i chilometri percorsi aumentavano sempre di più: ricordo che mancava un mese ed avevo già provato un allungo di 40 km con risultati soddisfacenti per cui l’incertezza cominciò a diventare consapevolezza di aver lavorato bene e che l’obiettivo era nelle mie possibilità».
Come si è svolta la giornata? Quali emozioni hai provato durante la gara? Qual è stato il momento più difficile e quale quello più emozionante?
«A New York sono arrivato pochi giorni prima della gara e ci son voluti almeno due giorni per realizzare e prendere consapevolezza di essere in una delle più grandi metropoli del mondo. Una città davvero incantevole, con quei grattacieli che si spingono fino ad abbracciare le nuvole, con le persone che si muovono di continuo e a qualsiasi ora senza mai capire la loro direzione. La giornata è cominciata alle 5.30, partenza con i pullman verso Island. Arrivati là siamo scesi in un parco grandissimo dove tutti i 50mila partecipanti attendevano il proprio tempo per la partenza. Le partenze erano divise in 4 wave da 15mila-18mila partecipanti con intervallo di 45 min. l’una dall’altra e la mia era la terza wave con partenza fissata per le 10.45. Quando si sono aperte le porte della mia wave mancavano pochi minuti allo sparo, tremavo come una foglia e non certo era il freddo, ma era l’emozione fortissima e che non riuscivo a controllare. Allo sparo si parte… un fiume di gente che si muove davanti e dietro di te, pochi metri ed ero già sul ponte tanto sognato, e lì che mi scorrono le prime lacrime di gioia mentre i brividi percorrono tutti i mie muscoli. Nonostante il vento forte si sentiva forte il rumore delle scarpette continuo e costante paragonabile al rumore provocato dalla pioggia in un temporale in atto. Il percorso della gara attraversa tutta la città di Manhattan: da Brooklyn al Queens, dal Bronx al Central Park dove si finisce. Lungo il percorso la gente ti incita, il tuo nome o quello del tuo paese, in continuazione senza mai smettere, facendoti sentire protagonista assoluto del momento e dando sollievo per proseguire fino al traguardo. Ho iniziato a correre con guanti e cappello, ma sono arrivato senza guanti e senza cappello, per via di due episodi bellissimi occorsi durante il tragitto. Mentre correvo, davanti a me un bambino molto piccolo si stacca dalle mani del papà e si intrufola nella colonna di gente, io all’improvviso me lo trovo davanti, tutto contento come volesse partecipare anche lui alla gara e istintivamente lo prendo, mi tolgo il cappello e glielo metto in testa per poi proseguire. I guanti, invece, li ho regalati ad una bella ragazza che durante la corsa ha voluto salutarmi dandomi la mano per cui io mi son tolto i guanti, in segno di rispetto, per salutarla e notando il suo stupore glieli ho lasciati come ricordo. Un altro dei momenti più emozionanti e indimenticabili è stato il passaggio sul ponte del quartiere ‘Queensboro Bridge’, intorno al 25esimo km. Un ponte tutto coperto per cui era come si entrasse in un tunnel, mentre correvo riuscivo a sentire forte il mio respiro affannoso, si sentiva il respiro di chi ti affiancava o ti seguiva, si correva in un silenzio quasi fastidioso. Ad un certo punto, alla fine del ponte, facendo una curva a sinistra ti ritrovavi immerso in un boato assordante della folla pronta ad applaudire ed incitare. E lì, che ho avuto l’incitamento del mio amico Mimmo ed è stata la spinta in più per condurmi al traguardo. Lui ha fatto di tutto per farsi sentire per farsi vedere, ed avendolo riconosciuto quasi in ritardo alle mie spalle, l’ho salutato e con brividi addosso ho continuato, anche per lui, la mia corsa. Il momento più difficoltoso è stato intorno al 40esimo km. Eravamo quasi alla fine nel Central Park. Gli ultimi metri sono stati sicuramente i più duri ma anche i più emozionanti in assoluto: sentivo il traguardo vicino ma ero impossibilitato a vederlo perché posizionato al termine di una leggera salita e di una semicurva a destra. Vedendolo spuntare, ho sentito dentro di me il desiderio forte di raggiungerlo e nonostante l’immane fatica… ce l’ho fatta!».
Qual è stata la “tabella di marcia”?
«La mia tabella di marcia era ben prefissata, ritmo costante ma non molto forte i primi 25 km e poi una spinta per la seconda parte di gara. Ho fatto tantissimi sorpassi e molti mi incoraggiavano anche con una pacca sulla spalla o con gesti affettuosi, era proprio così: non si sentiva assolutamente lo spirito di gara, la competizione, quella era lasciata ai primi, si trattava di una festa. Se qualcuno mi dovesse chiedere ‘cosa rifarei o cosa non rifarei di tutta questa avventura’, io risponderei che rifarei tutto, come recitare un copione. Ho capito una cosa importante, che nella vita quando dipende solo e soltanto da te tutto è possibile, io continuerò a correre, ho tanti traguardi da raggiungere e tanti regali da fare ancora».
Ripensando alla tua esperienza, chi ti sentiresti di ringraziare?
«Vorrei ringraziare pubblicamente tutti gli amici eclanesi che mi hanno saputo dimostrare incoraggiamento ed affetto, sembrava che stessero correndo al mio fianco. Un ringraziamento speciale va a la mia famiglia e soprattutto a mia madre, che nonostante fosse preoccupata per gli sforzi a cui mi sottoponevo, ha accettato la mia scelta supportandomi ed occupandosi della mia alimentazione, seguendo a puntino la dieta mirata e specifica suggerita dal mio nutrizionista, il dottor Lino Moscato, mio amico da sempre e grande professionista, che mi ha consentito di percorrere 700 km percorsi in 4 mesi senza un crampo. Anche a lui va un enorme grazie!».
Diego Bruno


