Dopo vent’anni… e fuori nevica ancora!
Vincenzo Salemme è Enzo, musicista in cerca di un appoggio discografico, cantante fallito di una nave da crociera, per di più col vizio del gioco. Carlo Buccirosso è Stefano, agente di cambio che ha perso il lavoro e che aspetta invano il matrimonio con una donna dalle dubbie virtù. Nando Paone è Cico, uomo con evidenti disturbi psichici che lo portano a cambi repentini di personalità e a slanci di fanciullezza. Enzo, Stefano e Cico sono fratelli.
Stefano e Cico non vedono Enzo da circa trenta anni, da quando questo lasciò la famiglia per seguire il sogno di diventare un cantante. Dopo che anche il padre dei tre è andato via di casa, tocca a Stefano badare alla madre e al fratello Cico.
Enzo torna a casa solo perché c’è da riscuotere l’eredità della madre defunta, ma si ritrova ad affrontare una convivenza spietata, costretto da una postilla testamentaria: se vorranno la casa della madre, i tre dovranno vivere insieme per sempre. Ricostruire una pace familiare che forse non c’era mai stata, si rivela compito arduo e irraggiungibile: tra Enzo che cerca soldi per risanare i suoi debiti, Stefano che tenta inutilmente di nascondere la sua frustrazione di vivere, e Cico che gioca in continuazione, nulla sembra portare alla normalità. Se poi vi si aggiunge un avvocato irascibile (il signor Saponetta, interpretato da Maurizio Casagrande), un usuraio burino e fastidioso e un fruttivendolo approfittatore che vuole appiopparsi la casa, il tutto prende un gusto tragicomico.
Era il 1995 quando Vincenzo Salemme recitava nei teatri italiani la commedia “… E fuori nevica”. Fu proprio il successo di questa a sancire l’inizio della carriera cinematografica del comico napoletano, il quale debuttò nelle sale tre anni dopo con il film “L’amico del cuore”.
A distanza di venti anni, Salemme ripropone la stessa formula che lo vide protagonista negli anni della giovinezza. Riadattando la sua commedia al maxischermo, fornisce prova di coraggio e di bravura. Non tutti gli attori, in effetti, tenterebbero il salto nel vuoto che comporta riproporre un successo passato. E’ tutto un’incognita, non sempre quello che andava bene qualche anno fa, può piacere adesso.
Eppure Salemme ne ricava belle soddisfazioni, riempendo ancora una volta le sale cinematografiche italiane. Per i nostalgici, la commedia è insuperabile e il film ne è solo una brutta copia. Tuttavia, si sa, i tempi teatrali sono diversi, più distesi. Il cinema è anche questione d’impatto, non c’è tempo per instaurare un rapporto con lo spettatore; serve movimento, per non rischiare di suscitare noia.
Il gruppo, però, è ben collaudato, perché quello di sempre: i personaggi aggiuntivi servono solo da cornice e a volte non funzionano come dovrebbero. Ad esempio, Margareth Madé, che nel film interpreta la vicina di casa, serve solo come intermezzo e come spunto per qualche siparietto comico. La sua prova è ottima, ma se l’intento era quello di mettere sulle sue spalle l’idea della donna di cui il protagonista s’innamora (come poi sarà), non risulta del tutto incisiva. Buona la prova di Giorgio Panariello, che per vestire i panni dell’usuraio scommettitore, abbandona l’accento toscano per approcciarsi a quello romano. Si rivelerà, tra l’altro, fondamentale per il nuovo finale della trama, che prende le distanze da quello di venti anni fa.
La commedia, infatti, si chiudeva in modo angoscioso, lasciando spazio alla riflessione dovuta al distacco tra interpreti e pubblico. Nella pellicola, invece, la tristezza viene solo sfiorata per lasciar subito spazio al lieto fine. «A teatro – spiega Salemme − il sipario a fine spettacolo si chiude, ma poi gli attori ringraziano. Al cinema invece non c’è questa possibilità, e credo sia proprio questa la fine che doveva esserci. Il finale drammatico il teatro lo regge meglio, per il cinema preferisco altro».
La storia dei tre fratelli offre anche lo spunto per trattare argomenti delicati come quello della morte, della schizofrenia, della disabilità, della disoccupazione, dell’eutanasia. Il tutto è distillato a gocce, piano piano. La risata li mette in ombra, ma non li cancella. Dopotutto, Salemme è allievo del grande Eduardo.
Colpi di genio come questi non sono affatto nuovi, il suo è metateatro…
Irene De Dominicis