Teatro comunale: successo di pubblico per «Che s’adda fa’ pe’ campa’» dei fratelli Angelo e Mario Belmonte
Il 30 maggio ed in replica il 6 giugno scorsi, nel Teatro comunale di Mirabella Eclano, è andata in scena «Che s’adda fa’ pe’ campa’», una commedia in due atti in dialetto mirabellano, rappresentata dalla compagnia ‘Teatro Eclano’ dell’Associazione “Pro Loco La Fenice”.
Scritta da Angelo e Mario Belmonte, è stata interpretata da Lorenzo Buonopane (Angelomichele), Antonio Di Prisco (Pasquale), Maria Antonietta Flumeri (Rafiluccia), Massimo Lobresca (Orlando), Elena Sirignano (Lisetta) e dagli stessi Angelo e Mario Belmonte (Vicienzo e Vreccolino).
La commedia ha riportato Mirabella tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60, quando il nostro paese non viveva un periodo di grande splendore: erano fame e miseria a farle da padrona. Ma nonostante tutto, la nostra gente non si perdeva d’animo e si ingegnava quotidianamente anche solo per mangiare un piatto di pasta.
Ed è su questo che si basano i due atti della commedia.
Nel primo atto, troviamo Angelomichele, sacrestano della chiesa di San Bernardino e padre di Pasquale, che promette al figlio affamato un piatto di cicatielli co’ pulieio. Per ottenerlo si inventa un lavoro per la famiglia “Scannapane” (Rafiluccia, Orlando e Vicienzo), lavoro assurdo in quanto si trattava di spostare il campanile della Chiesa di San Bernardino, e in cambio del suo aiuto chiede appunto un piatto della pasta che gli “Scannapane” si sarebbero apprestati a mangiare. Consapevole dell’inganno subito, il primo atto si chiude con Vicienzo che consegna i cicatielli ad Angelomichele.
Nel secondo atto, invece, Vicienzo ‘sgama’ Angelomichele che aveva convinto una vedova a portare un piatto di salsicce sulla tomba del suo caro defunto, avendolo avuto apparso in sogno la notte prima, e lo invita a dividere il bottino con la minaccia di rivelare quanto appreso.
Da dove sono uscite tutte queste storie?
«Tutto merito di nostro padre e dei suoi racconti della domenica – afferma Mario Belmonte – Pranzavamo con lui solo una volta a settimana, a causa del suo lavoro, e ogni occasione era buona per riportare alla luce fatti della sua gioventù. L’idea poi di mettere nero su bianco è stata di Angelo e in dieci giorni è venuta fuori la bozza di questa commedia».
Quindi la commedia si riferisce a persone realmente esistite e fatti realmente accaduti?
«La maggior parte sì – continua Angelo Belmonte – ma il resto invece è stato inventato per dare un senso alla storia. Nei racconti di nostro padre erano presenti personaggi delle famiglie di allora che vivevano a San Bernardino, come Orlando e Vincenzo D’Indio, o Angelomichele e Pasquale Cimirro, che noi poi abbiamo richiamato all’interno della commedia. Potevo attenermi quanto volevo solo ai nostri ricordi, ma ho dovuto comunque modificare il copione diverse volte in corso d’opera in quanto Lorenzo Buonopane, durante le prove, si inventava battute che calzavano talmente a pennello in determinate scene che la sceneggiatura non poteva non tenerne conto».
Sold out in entrambi gli appuntamenti. Dunque, un successone?
«All’inizio la data prevista – dichiara Mario Belmonte – era solo quella del 30 maggio. Dopo il primo giorno di prevendita registrammo già il tutto esaurito, con moltissime persone rimaste senza biglietto. E, proprio su richiesta di queste ultime, decidemmo di replicare la settimana seguente, ottenendo un altro pienone. Ancora oggi continuano a chiederci un terzo appuntamento, cosa per ora non fattibile in quanto alcuni di noi sono impegnati con il lavoro. Per chi si fosse perso lo spettacolo è disponibile il DVD. Basta contattare Aquilino De Simone. Abbiamo ricevuto i complimenti anche per le scenografie e per questo il ringraziamento va a Maria Rosaria Solimene, Elia D’Elia e Massimo Lobresca».
Oggi come sessanta anni fa, «l’amicizia è chero ca conta»?
«La battuta finale sull’amicizia – conclude Angelo Belmonte – è molto importante. Se ci pensate, stiamo vivendo un periodo difficile non molto diverso da quello descritto dalla commedia. Ed oggi come allora, l’amicizia, quella vera, è fondamentale. In un primo momento abbiamo proposto i ruoli di attori ai giovani eclanesi, con l’intenzione di far capire loro il vero significato della vita triste di quel tempo, ma solo uno si è fatto avanti. Forse il messaggio non è stato recepito. Ci è dispiaciuto non aver avuto modo di coinvolgere il “nuovo” affidandoci sempre alle solite persone, ma siamo orgogliosi di aver riportato in vita fatti e persone che hanno regalato un’ora e mezza di sane risate».
Andrea De Gennaro


