Un dolce momento con… “Zucchero e Vaniglia”
Torna dopo una piccola pausa primaverile il nostro appuntamento con l’imprenditoria giovanile. Questa volta ad occupare questa pagina è una donna, Ernestina De Benedetto, che ad un certo punto della sua vita ha deciso di lasciare gli studi universitari per indossare grembiule e cappellino e prenderci tutti per la gola. Dal 22 maggio infatti la possiamo trovare nella sua pasticceria “Zucchero e Vaniglia”, in via Nazionale al Passo Eclano, e credetemi, vale la pena farci un salto.
Questa passione per i dolci, innata o l’hai scoperta col tempo?
«La passione per i dolci e per la cucina in generale l’ho scoperta da piccolina, quando già a dodici anni smanettavo ai fornelli. Crescendo poi ho avuto modo di sperimentare sempre più cose, soprattutto nel periodo universitario: non mancava occasione per organizzare una cena con gli amici o delle serate a tema! Questo mi ha portato alla decisione di proseguire su questa strada, abbandonando gli studi universitari per iscrivermi all’ALMA – la Scuola Internazionale di Cucina Italiana – considerato che se avessi voluto cominciare con la gavetta alla mia età sarebbe stato molto più difficile. Mi iscrissi prima al corso di tecniche di base, di 4 mesi, sulla cucina in generale. Preso questo diploma decisi di continuare con il corso di pasticceria».
Come è nata l’idea di “Zucchero e Vaniglia” e come ha preso forma?
«Conseguito il diploma ho inviato il curriculum dappertutto, ma inutilmente. Ho anche fatto uno stage in una nota pasticceria di Napoli, al termine del quale mi era stato proposto di restare a 400 € al mese, dalla 6 di mattina alle 9 di sera. Condizioni proibitive per vivere e mantenersi fuori. E allora ho maturato l’idea di aprire un qualcosa di mio, nel mio paese, anche per dare continuità agli studi fatti. Ho cominciato piano piano, non ho tantissimo perché cerco di fare tutto io, senza comprare prodotti fatti da altri».
Quante firme hai dovuto apporre nella compilazione di tutte le carte?
«Dire che la burocrazia è stata un travaglio, è dir poco. Feci richiesta per un finanziamento a tasso agevolato, 25 mila euro da restituire senza interessi, ancora non ho visto niente. E’ giusto, poi, lamentarsi… un ragazzo che vuole aprire un locale anche per offrire un servizio alla gente, dallo Stato non ha niente, mentre in passato sono stati aperti agriturismi e ristrutturati locali con finanziamenti statali e europei a fondo perduto. Un ragazzo che vuole investire sul suo futuro non riceve uno straccio di aiuto. Anzi, tutte le spese che si devono sostenere scoraggerebbero chiunque: la licenza per il bar, allacci elettrici e idrici. L’Enel, ad esempio, mi ha bloccato la pratica un mese perché sulla richiesta non ho indicato la dicitura “snc” per il numero civico. Ho dovuto chiamare più volte, telefonicamente, per chiarire e quindi poter risolvere la situazione, se fosse stato per loro sicuramente oggi la mia attività non era ancora fornita di energia elettrica. Effettuati i richiesti versamenti si dimenticano tutti di te. Ci devi sbattere contro, altrimenti non si può capire la difficoltà per avviare un’attività del genere».
Dall’Università all’ALMA. Ci vuoi raccontare questa esperienza?
«L’ALMA è una grande scuola, impostata sul rigore, sulla disciplina, quasi militaresca. Credo che così dovrebbero essere tutte le scuole. Ti dà una ‘forma mentis’ diversa. Chi arrivava con un leggero ritardo, saltava tutta la mattinata, chi arrivava con la divisa in disordine, idem. Se i ragazzi si presentavano con la barba incolta, venivano messi a pulire i laboratori. Si sostenevano 4 esami al mese, sia pratici che teorici, e il diploma non lo rilasciavano facilmente. Ho avuto modo di conoscere grandi Chef come Luca Montersino, Ernst Knam, Stefano Laghi, che hanno anche preso gente a lavorare con loro. Costosa ma molto seria. La consiglierei a chi ha già esperienza nel settore, ma anche a chi come me aveva solo voglia di imparare, partendo da zero».
Ti ritieni soddisfatta delle scelte fatte in passato? E dei risultati ottenuti? Potendo tornare indietro cambieresti qualcosa?
«Più che soddisfatta delle scelte, cambierei veramente poco. Non rimpiango nulla, nemmeno gli anni dell’università che per le esperienze avute, per le persone conosciute, credo abbiano contribuito a farmi diventare quella che sono e a prendere queste decisioni.
Consapevoli del periodo di crisi che stiamo attraversando, con la disoccupazione alle stelle e con sempre più giovani che studiano per poi ritrovarsi a fare tutt’altro, una domanda alla Gigi Marzullo: “bisogna credere in quello che si fa o fare quello in cui si crede?”
«Fare quello in cui si crede, assolutamente! Le possibilità ce le dobbiamo creare noi, non ci dobbiamo rassegnare altrimenti non andremo mai avanti».
Andrea De Gennaro


