19 marzo, l’infinito valore della parola “papà”

il padre

La fine di marzo sfuma le rughe dell’inverno in una promessa di rinascita, mentre il tempo lentamente si allunga sui pomeriggi innamorati della notte, silenziosi e profondi come una nostalgia, stempera il rigido respiro dell’inverno per riaprire lo sguardo dei campi orfani di luce sino  a rinverdire i viali del nostro cammino nella giostra perpetua delle stagioni.

In questo mese di variopinte speranze splende uno sguardo, il delicato accenno di chi ha osservato i nostri passi divenire un volo; aleggia, nella brezza leggerezza di promesse solari, il volto di nostro padre e la magia del giorno che lo festeggia, un giorno come tanti che ci rammenta il valore di un nome e l’essenza di chi lo incarna, per eternare una figura che da sempre rappresenta quanto di più profondo ed autentico risiede nella nostra vita.

Troppe volte sprechiamo il nostro tempo a ricordare ciò che non abbiamo mai fatto, dimenticando la realtà di tutti i giorni e le piccole meraviglie che riesce a regalarci; indossiamo una zaino invisibile e lo riempiamo man mano di rimorsi e rimpianti che piegano il nostro sguardo oltre il limite dell’orizzonte quando basterebbe avere la coscienza di ciò che siamo e di ciò che possediamo, rammentando le parole di chi ha ammirato la nostra nascita ed ha indirizzato i giorni futuri affinché il nostro viso fosse sempre colorato da un sorriso.

Ogni singolo evento della nostra vita conserva un valore, forse non sempre positivo ed edificante, ma rappresenta comunque un altro passo lungo questo viale infinito che attraversiamo cercando di comprendere la ragione essenziale che lo costituisce; siamo viaggiatori instancabili verso una meta che si allontana eppure, durante il nostro itinerario, siamo confusi da troppe fugaci necessità per comprendere che  le nostre più grandi ricchezze sono ad un passo da noi.

La carezza delicata di un padre, la sua voce calda che ci racconta la vita, un suo abbraccio che ci solleva dai tanti baratri del mondo rappresentano attimi senza tempo, sono l’unità di misura con la quale confronteremo ogni emozione che ci sorprenderà nei nostri anni; la sua forza e la sua determinazione sono lo specchio del nostro carattere e la carica che permeerà ogni nostra azione, spingendoci, oltre ogni inevitabile errore, a cercare di essere sempre persone migliori.

Un padre raccoglie le briciole del giorno e le trasforma in una fiaba, guarda il domani con la protezione che accende il sole dalla brace fumante della notte, conserva nel cuore i suoi dolori e ci racconta l’esistenza sotto la luce calda e rassicurante del suo amore incondizionato, sostiene i nostri passi e vigila sulle onde che increspano il nostro mare; un padre non è mai stanco, nei suoi occhi brilla la dignità che si specchia nel nostro domani.

Un padre riconosce il silenzio che nascondiamo dentro agli occhi, perché negli anni ha scritto sulle pagine del nostre cuore le parole più profonde e più autentiche che mai sentiremo pronunciare. Ci ascolta paziente e conosce già tutte le risposte, un suo unico sorriso scaccia via, come un soffio, la tempesta più impetuosa.

Possono passare i decenni a graffiarci il viso ed il cuore di rughe eppure ai suoi occhi resteremo per sempre i bambini che correvano nel sole, i piccoli temerari in cerca di avventure sotto il suo sguardo protettivo che ci teneva al riparo dalle insidie del mondo.

La vita è un fiore che perde i petali sotto la spinta incessante di una clessidra ribaltata mentre gli anni passano come carta agitata dalle fiamme; le stagioni sono riflessi colorati nel cristallo della vita, accecanti bagliori che nascondono un’inevitabile sera, la sera più cupa che il cuore conosca, la sera rubata alle nostre più antiche paure, la sera del silenzio e delle voci bisbigliate, l’unica sera dove siamo davvero soli.

Chi ha perso suo padre ed ha visto spegnersi, insieme al suo sguardo, la parte migliore dei nostri anni può comprendere il gelo che nasconde quella sera… l’ultima sera che ci è concesso di rimanere bambini.

Non c’è inverno che le spalle di un padre non possano fermare, e ce ne rendiamo conto soltanto quando il vento soffia da nord ed un brivido di solitudine ci percorre l’anima perché, purtroppo, dopo quella sera il tempo della sicurezza è svanito per sempre.

La vita ci costringe a strappare le pagine del nostro cuore, insinua il dolore dove la serenità incitava le nostre speranze, scrive lettere di metallo sulle albe che verranno e ci lascia attoniti a cercare di fronteggiare una mancanza che si propaga come un’ombra sulla quiete dei giorni che passano lenti ma implacabili a separarci dai nostri ricordi e dalle frasi delicate che non udiremo più.

Ma in questo crepuscolo di sogni ci resta nel cuore la gioia che solo un padre può infondere, resta intatto il suo viso nel più dolce dei sorrisi, nell’espressione preferita che mille volte ha ripetuto, resta il tempo che ci ha regalato e tutti gli insegnamenti che ha riposto paziente tra le pieghe del nostro domani affinché potessimo ritrovarli nei giorni orfani della sua voce. Resta la vita che ci ha donato e le innumerevoli volte che ci saremmo persi, senza la sua guida, in questo rovo di scale aggrovigliate che le persone chiamano vita.

Scendere lentamente i gradini della vita significa lasciare al pianerottolo del passato le foto ingiallite che ci hanno insegnato ad essere le persone che siamo diventati, scendere quei gradini vuol dire fermare gli istanti che ci hanno separato dall’amore più autentico dei nostri giorni e trovare al contempo il coraggio di percepire tra le dita la stretta rassicurante della mano che ha condotto il nostro viaggio e dato un senso al nostro domani.

La figura del padre travalica il tempo e le occasioni mancate della vita, è un simbolo impresso nel nostro cuore che incita la storia che siamo chiamati a raccontare, è l’inchiostro inesauribile dell’esistenza con il quale scriveremo i capitoli del nostro diario, al di là dei passi falsi dell’esistenza.

Ci sono uomini che non hanno un ricordo del proprio padre perché il tempo ha spento il suo sguardo prima che i loro occhi potessero incontrarsi; in questa mancanza di coincidenze strappate, io li ho visti rastrellare la sabbia del tempo per ritrovare nelle stagioni perdute la forza di un legame che neppure la morte può sciogliere.

Ci sono uomini che hanno subito l’assurdo dolore dell’abbandono e continuano ad attendere, ancora adulti, sotto la pensilina delle occasioni mancate, con la mano tesa e la segreta speranza che un giorno egli comprenda il dolore inferto e finalmente ritorni ad indicare loro la strada e il significato del domani.

Il 19 marzo ci ricorda l’essenza di questo legame, il valore infinito che si cela nel pronunciare, con delicata semplicità, la più dolce e profonda delle parole: “papà”.

 Massimo Lo Pilato

 

 

 

 

 

 


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