Scuola: stop al caro-libri! Ogni anno, puntualmente, si sforano i tetti massimi di spesa
Come ormai da consuetudine, ogni anno il Ministero della Pubblica Istruzione mette nero su bianco il limite massimo di spesa per il corredo dei libri scolastici. Ogni anno quei tetti vengono sistematicamente sforati. L’annosa questione è, dunque, un “salasso” che si rinnova regolarmente.
È questa la denuncia arrivata alla nostra Redazione tramite lo spazio “Dillo alla Fenice”, attraverso il quale una nostra concittadina, che preferisce rimanere anonima, ha deciso di esprimere tutto il suo disappunto per una situazione che, in tempi di forte crisi economica, diventa sempre più insostenibile per i bilanci familiari.
La legge n.169 del 2008, di fatto, impone ai docenti di non superare un certo limite del costo complessivo per i libri in adozione, stabilito, come si è detto, dal Ministero della Pubblica Istruzione. È ammesso un superamento del tetto di spesa per non più del 10% del totale, ma solo fornendo un’adeguata motivazione che deve essere data dal Collegio dei Docenti e approvata dal Consiglio di Istituto.
La signora, il cui figlio è iscritto presso un noto istituto d’istruzione superiore della zona, ci fa presente che l’escamotage usato dai professori per dribblare i massimali è quello di obbligare gli studenti all’acquisto di libri che nell’elenco della dotazione libraria sono indicati “da acquistare” e “non consigliati” oppure “consigliati” ma da “non acquistare”.
Questi testi così detti “consigliati”, sono in realtà sono indispensabili. Anzi, questa signora riferisce addirittura che il figlio è stato vittima di discriminazioni da parte di un docente per il mancato acquisto di uno di questi testi “consigliati”.
«Mio figlio ha subito diverse mortificazioni in classe, davanti a tutti i suoi compagni, da parte di un professore perché non era in possesso del libro che egli aveva indicato, ma che nella lista dei libri da acquistare era indicato come “consigliato”» – chiosa la signora, che continua «Molti genitori hanno preferito evitare la polemica ed hanno acquistato il testo in questione, per un costo pari a 20 euro. Purtroppo io non me lo posso permettere, la mia è una famiglia monoreddito, mio marito lavora fuori, è un semplice operaio, e questa somma, che per molti sarà considerata irrisoria, io non posso permettermi di spenderla». Ma il problema non si limita a un solo testo, infatti, nell’elenco dei libri di testo che ci ha fatto visionare la signora, i testi “consigliati” sono addirittura sei, e il tetto massimo di spesa fissato viene sforato di oltre 100 euro e non è cosa da poco.
Ma la signora non si è arresa e ha deciso di voler andare fino in fondo alla questione: «Io e mio marito abbiamo deciso di andare personalmente a chiedere spiegazioni al dirigente scolastico, il quale, dietro nostra richiesta di chiarimenti in merito a tale situazione, ha placidamente ammesso che i docenti sono praticamente obbligati a mettere in atto questo “trucchetto” al fine di rientrare nel budget stabilito dal Ministero.
Quindi la scelta di acquistare o meno i testi “consigliati” è rimessa a noi genitori. Detto ciò ci ha messi alla porta perché, a suo dire, c’erano “questioni più importanti” da risolvere». Laconica, dunque, la risposta del dirigente scolastico.
La signora non si è, però, data per vinta e ha deciso di rivolgersi allo stesso MIUR: «A quel punto ho deciso di chiamare direttamente il Ministero della Pubblica Istruzione a Roma. Infatti, dopo aver spiegato l’incresciosa circostanza, mi è stata data piena ragione e, anzi, mi hanno addirittura detto che tale situazione rasenta la denuncia. Perciò sono decisa ad andare fino in fondo a tutta questa questione. Anche per questo ho deciso di rendere “pubblica” tutta la faccenda attraverso le pagine del vostro giornale: voglio che tutti sappiano e spero che, prima o poi, qualcuno inizi anche a ribellarsi».
Un’altra cattiva abitudine, sottolinea la signora, è quella di fare acquistare libri il cui uso si limita a sole poche o pochissime pagine.
«È assolutamente inaccettabile. Secondo me è tutto un clientelismo con le librerie e le case editrici» – afferma la donna, che aggiunge «Io non devo andare a chiedere l’elemosina per andare a comprare i libri a mio figlio, non devo far conoscere la mia situazione economica agli altri. Far spendere alle famiglie più di quanto sancito dalle norme non è giusto. L’istruzione è un diritto per tutti!».
Fabiola Genua