Potere alla musica: un’arte che può guarirci

la musica può guarire

Che la musica sia parte integrante della nostra vita, non è certo difficile da credere, ma constatare in che misura essa agisca con effetti benefici sul nostro organismo è alquanto sbalorditivo.

«Essa deve essere classificata tra i doni più misteriosi di cui sono dotati gli esseri umani» diceva Darwin. Il suo linguaggio non verbale, scevro da ogni impurità preconcetta, è insito in ognuno di noi. Nata con l’uomo, riduttivamente detta “arte dei suoni”, la musica dimostra di essere, senza dubbio, una vera e propria medicina, lo strumento maestro, di carattere educativo, riabilitativo e terapeutico, capace di attraversare le nostre barriere mentali fino a toccare le corde più profonde dell’anima, con un tasto chiamato – emozione -, che si attiva universalmente nell’immediato contatto con essa, interagendo positivamente con il nostro io più profondo.

«Una musica può fare», non è soltanto il titolo di una nota canzone di Max Gazzè, ma ormai una certezza nel vasto campo medico-scientifico, laddove, la Musicoterapia tradizionale, ovvero quella di tipo psicoterapeutico è considerata quintessenza indiscussa nel trattamento di diverse patologie (stress, autismo, disabilità, depressione, lesioni cerebrali), ma anche nei contesti sociali riguardanti l’area della comunicazione e della gestione emozionale di bambini, adolescenti e adulti. In un mondo consacrato a paure, frustrazioni, malesseri e disturbi di vario genere, la speranza dei ricercatori ricade sulla magia di arpeggi, scale, accordi e modulazioni, per lenire le dolenti note che affliggono la vita dell’uomo. Introduciamo questo argomento di grande interesse e attualità, attraverso le parole del dottore Sabatino Miranda, musicista, musicoterapista, consulente per la Musicoterapia Asl Na5, Co-fondatore del “Polo Mediterraneo di Musicoterapia” di Lecce e Direttore della Scuola Triennale di Musicoterapia “C. Gesualdo”.

Può farmi  una breve descrizione di come è nata la sua struttura e come si è evoluta nel tempo?

«La Scuola Triennale di  Musicoterapia “C. Gesualdo” è una realtà formativa che nasce per volontà del Comune di Gesualdo ed è sostenuta da diversi enti pubblici, sanitari, accademici e scientifici. E’ strutturata su moduli didattici moderni e nel corso di questi anni cerca di uniformarsi a standard formativi internazionali. Obiettivo principale del corso è quello di fornire un’adeguata formazione in Musicoterapia, con approfondite conoscenze teoriche e capacità di applicazione pratica, attraverso un’articolata organizzazione triennale (+ un anno di supervisione), con un monte/ore annuale di 300. Lo schema didattico della Scuola si ispira ad un criterio di conoscenza trasversale, attenta a coniugare i diversi riferimenti del sapere clinico con una applicatività focalizzata sul bisogno del paziente/cliente. La filosofia didattica è centrata sullo sviluppo delle capacità dell’operatore a contattare le proprie risorse interne e a “spenderle” nella relazione di setting, incrementando la sua sensibilità ed attenzione alla lettura/decodifica dei bisogni di cui il paziente è il portatore. I modelli ispirativi della scuola affondano le proprie radici sia nelle teorie analitiche che in quella sistemico-relazionale e si traducono sul piano didattico-esecutivo nella formulazione di parametri di lettura dell’agito sonoro/musicale nel setting, protocolli operativi di intervento e monitorizzazione del percorso clinico ( metodologia e applicazione delle tecniche ), modelli di supervisione. L’insegnamento si avvale di ampi spazi di sperimentazione personale e gruppale, all’interno di laboratori sonori specialistici: creativo/espressivi e improvvisativi, sia vocali che strumentali, nonché folklorici nelle valenze etno-antropologiche. Tali percorsi esperienziali sono finalizzati al riconoscimento della propria identità e al miglioramento delle abilità comunicazionali attraverso il linguaggio sonoro-musicale e i suoi rimandi semiologici».

Può parlarmi di esperienze dirette e casi vissuti in prima persona che possano testimoniare la validità  degli interventi musicoterapici?

«Nella mia decennale esperienza professionale ho potuto seguire una popolazione diversificata (autismo infantile, salute mentale, patologie neurodegenerative) utilizzando un approccio metodologico chiaro e definito e documentando correttamente i risultati clinici. Da ciò si evince come l’utilizzo della musica in chiave terapeutica abbia aiutato gli utenti sottoposti a questo “trattamento”. Vede, la musicoterapia non è un fenomeno da baraccone ma una realtà culturale e scientifica. Essa si pone come scopo quello di sviluppare potenziali e/o riabilitare funzioni dell’individuo in modo che egli possa ottenere una migliore integrazione sul piano intrapersonale e/o interpersonale e, conseguentemente, una migliore qualità della vita attraverso la prevenzione, la riabilitazione o la terapia».

Oltre agli aspetti meramente tecnici della materia in questione, quali arricchimenti personali si possono acquisire durante l’iter terapeutico?

«Naturalmente incontrando l’Altro, contattando la sofferenza degli altri, empatizzando con realtà complesse si percepisce il mondo diversamente e la prospettiva delle cose cambia. La mia esperienza professionale ha cambiato significativamente il mio modo di vedere le cose determinando scale di valori diverse da quelle che avevo un tempo».

Quale valore attribuisce alla musica nella sua accezione più ampia, riguardo alla sua esperienza personale e di docente?

«La musica è un’ entità che ha un qualche cosa di straordinario sotto tutti i punti di vista; Fare musica con i bambini, con i miei studenti o con i pazienti che seguo è prima di tutto gioia, gioco, divertimento e vita, ma è anche offrire a una umanità diversificata una opportunità di esprimersi adoperando vari codici come  quello sonoro.  Per far sì che qualcuno si esprima liberamente ed assuma un ruolo attivo nei confronti della realtà circostante è fondamentale fornirgli già dalla prima infanzia gli strumenti, lo spazio e le opportunità per fare musica con gli altri. Due grandi didatti Orff e Kodaly (molti giochi musicali si ispirano ai loro metodi) insistono sull’importanza di accostarsi alla musica il più presto possibile, non cominciando subito con lo studio di uno strumento – che è già una specializzazione – ma partendo da una preparazione generale, per una corretta intonazione vocale e coordinazione dei movimenti. E’ nella scuola dell’infanzia che cominciano le prime esperienze musicali poiché la capacità di apprendimento nei bambini tra i tre e i sei anni è enorme. Iniziare il bambino alla conoscenza musicale nei primi anni di vita significa aiutarlo a mantenere e sviluppare la creatività e perciò dargli modo di esprimersi. Il bambino vive circondato da una realtà sonora molto caotica e che gli stimoli sonori eccessivi si sovrappongono in modo disorganico, con il rischio che diminuisca l’attenzione e l’interesse per il mondo dei suoni e che si assuma un atteggiamento di ricezione passiva. Sta agli operatori musicali  svolgere la funzione di riequilibrazione, attivazione e sensibilizzazione, guidando gli individui a a scoprire e a conoscere la realtà sonora, aiutando ad orientarsi e ad esprimersi con i suoni e a stabilire tramite questi relazioni con gli altri».

Quali traguardi si augura possa ancora raggiungere la sua disciplina?

«Naturalmente in questo momento storico credo che lo step successivo sia il riconoscimento della disciplina. L’attuale condizione di Vagatio Legis nella quale si trovano ad operare migliaia di operatori non facilita lo sviluppo della formazione, della pratica clinica e della ricerca. In tal senso è necessaria  a mio avviso la creazione di spazi istituzionali finalizzati alla discussione di aspetti macroscopici, ma basilari affinché una materia come questa possa inserirsi nell’intelaiatura del sistema burocratico, ma anche e soprattutto nel contesto sociale. In particolare mi riferisco ai seguenti punti:

  • basi epistemologiche.
  • metodologie e tecniche di intervento.
  • standard formativi equipollenti ai sistemi didattici riconosciuti
  • progetti di ricerca tesi alla verificabilità ed estendibilità dei metodi.
  • creazione di un Registro dei Professionisti.
  • elaborazione di un Codice Deontologico comune
  • criteri di aggiornamento e di riqualificazione degli operatori.

In tutti i paesi del mondo dove la musicoterapia ha ottenuto un riconoscimento, questo è passato attraverso la omogeinizzazione ed istituzionalizzazione di quelle diverse componenti che avevano caratterizzato fino ad allora il percorso storico della disciplina in quel paese. Ad esempio, in Inghilterra, che possiamo considerare il primo paese all’interno del quale un percorso di avviamento e riconoscimento della musicoterapia si è determinato, l’orientamento dei diversi modi di pensare ed agire la musicoterapia hanno confluito in un’unica istituzione cioè la British Society of Music Therapy. La sintesi delle componenti diversificate e la definizione chiara dei punti collegati all’ordinamento disciplinare e alla pratica di questo, hanno dato ulteriore credibilità al movimento e quindi facilitato un riconoscimento da parte delle Associazioni scientifiche e da parte del Governo».

Anna Esposito


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