“L’ultimo goal” è il secondo lungometraggio dell’irpino Federico Di Cicilia
Irpino di nascita e di cuore, il 40enne regista Federico Di Cicilia parla alla nostra rubrica del suo nuovo film, chiamato “L’ultimo goal”, interamente girato in Irpinia e presentato al Giffoni Film Festival 2013.
Il protagonista del suo film è Peppino (interpretato da Nicola Capobianco -bambino – e da Gerardo De Blasio – adolescente-). Peppino, soprannominato “Platini”, è una giovane promessa del calcio che realizza il sogno di giocare in una grande squadra. Eppure, mentre il pallone scivola tra l’erbetta, una montagna di problemi impedisce la corsa di Peppino. Suo padre Gerardo (Massimiliano Gallo), vuole per il figlio il futuro che lui non ha mai avuto, ma ottiene l’effetto contrario, riempendo il ragazzo di pressioni. La partenza di mamma Angelina (Daniela De Vita) e la morte dell’amato allenatore Carmando (Nello Mascia) demoliscono definitivamente quelle che per Peppino erano state certezze. Ora bisogna fare un altro goal, quello della vita: bisogna diventare adulti.
Il suo film ha dato il via alla 43esima edizione del Giffoni Film Festival e ha ricevuto una cascata di applausi. Vuole raccontarci l’emozione di quella giornata?
«La prima emozione è stata sicuramente la paura. La paura di non essere riuscito a realizzare un’opera degna di questo nome o comunque tale da poter essere apprezzata da un pubblico, ancorché di ragazzi. Per tutto il giorno e fino alla fine ero col fiato sospeso. Poi è andata bene e abbiamo avuto, tutti quanti, la soddisfazione di essere apprezzati e applauditi per il nostro lavoro».
Il film è stato molto apprezzato dai ragazzi del Giffoni, forse perché Peppino solca l’ardua strada che ogni bambino deve affrontare per diventare adulto. Da cosa è stata dettata la scelta di portare la questione adolescenziale sul grande schermo?
«E’ vero, il film è stato molto apprezzato dai ragazzi, ma anche gli adulti hanno avuto modo di discutere e di apprezzare il film. La scelta di un soggetto è un percorso sicuramente irrazionale. Difficile da condividere. Diciamo che è stato dettato più da motivazioni personali che non dalla necessità di raccontare le vicissitudini di un adolescente. Questo film parla della mia terra, della mia infanzia e della mia gente. Avevo voglia di raccontarlo da tanto tempo. E alla fine ci sono riuscito».
Lei è il primo regista in Italia che ha adottato il metodo “crowdfunding”, grazie al quale chiunque ha potuto sostenere la realizzazione del film tramite un contributo monetario. La quota iniziale da raggiungere era 200mila euro, poi diminuita a 100mila euro. Ciò evidenzia che c’è stato qualche ostacolo da superare per quanto riguarda l’ambito finanziario. E’ così?
«Non so se sono il primo ma sicuramente non sarò l’ultimo, perché vedo che questo metodo si sta diffondendo tra i giovani autori. In Italia viviamo un periodo di crisi difficilissimo. Non un buon momento per chiedere soldi alle persone. Quindi abbiamo dovuto accontentarci di quel poco che siamo riusciti a trovare e soprattutto dell’apporto, più che altro lavorativo, delle persone che hanno prestato la loro opera gratuitamente a sostegno del nostro progetto. Comunque tutto ciò non sarebbe stato possibile senza il sostegno economico e morale dell’amico imprenditore Alberto De Matteis che fin dal primo momento ha creduto in questo progetto».
Da buon avellinese, ha deciso di ambientare il suo film interamente nelle terre irpine. Ci sono state difficoltà logistiche? E, a prodotto finito, crede di aver fatto la scelta giusta?
«Il film è nato in Irpinia e racconta l’Irpinia. Non poteva essere altrimenti. Come dicevo prima, era quello che volevo fare: raccontare la mia terra. Le difficoltà logistiche da noi non esistono. La disponibilità delle persone e delle amministrazioni comunali è pressoché totale. Quindi sono felice di aver girato “L’ultimo goal” interamente in Irpinia e spero di poter ambientare anche il mio prossimo film qui da noi».
Ricorda qualche episodio divertente accaduto durante le riprese?
«Ce ne sono tanti. Vi racconto solo il primo a Sant’Angelo dei Lombardi. Primo giorno di riprese. Eravamo davanti alla chiesa del paese e stavamo per girare la scena di un funerale. A un certo punto cominciano ad arrivare una serie di vecchiette che, sicure che si trattasse di un funerale vero, cominciano a chiedere chi fosse morto e a chi dovessero fare le condoglianze!».
Irene De Dominicis


