Luciano Colantuoni: un nuovo cammino

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Il due settembre si sono riaperte, come nel resto d’Italia, tutte le scuole della nostra cittadina. Il rito dei saluti, delle domande ovvie e prevedibili,  del piacere un po’  ipocrita del ritorno nell’ambiente  di lavoro, ostentato con grandi sorrisi, all’inizio di quest’anno scolastico mi è sembrato più sopportabile. Forse di più, addirittura consolante.

Da parecchi giorni meditavo sul fatto che diamo sempre tutto per scontato e immutabile. Pensavo a quanti per i quali,  purtroppo, non ci sarebbe stato il consueto inizio. Pensavo soprattutto a Luciano, a Luciano Colantuoni che è stato negli ultimi tre anni  dirigente del Liceo “Aeclanum” di Mirabella e, nei quattro precedenti , dirigente della Scuola media “Raimondo Guarini” sempre di Mirabella Eclano.

Il preside Colantuoni infatti non è tornato tra noi né tornerà alla guida della sua scuola. Dopo sette lunghi mesi di coma, che in maniera imprevedibile e repentina lo aveva colto nel mese di gennaio, si è spento il 22  luglio scorso. Chiunque lo avesse conosciuto bene credo che abbia sperato fortemente, nonostante i tempi così estesi della malattia, in un ritorno alla vita dal buio e dal silenzio nei quali era precipitato e da cui tanto a lungo  era stato avvolto.

Così non è stato e le aspettative di tutti coloro che volevano crederci, nonostante la cruda realtà,  alla fine sono rimaste deluse. Durante la sua degenza in ospedale, la percezione di un piccolo movimento, anche se involontario,  riaccendeva la speranza, contro ogni logica medica, di un possibile risveglio, per poi far  ripiombare tutti nello scoramento più cupo. E nell’alternanza delle attese e delle delusioni si sono consumati ben sette lunghi mesi. Mesi di angoscia per i familiari e per gli amici, che hanno vissuto increduli l’evolversi della patologia. Quante volte mi sono chiesta se la mente di Luciano, nonostante l’immobilità del corpo, percepisse la realtà circostante e  quanto ciò fosse minimamente auspicabile.

Una mente acuta e vivace quella di Luciano, che lo aveva reso studente brillante, professore sensibile,  dirigente capace e attento, ma soprattutto uomo sapiente. Tra le sue doti  intellettuali come non ricordare il fine linguista che spesso metteva ansia in chi doveva sottoporgli una relazione, un verbale o una programmazione. L’indubbia preparazione nella dirigenza scolastica era un riferimento sicuro per tutti e tale competenza gli consentiva spesso di interpretare la norma e renderla funzionale ai bisogni della scuola. Non solo. Era molto più avanti di tanti suoi colleghi, osando sperimentare organizzazioni didattiche non declinate dalla legge, ma molto più feconde di opportunità per tutti.

Profondamente umano, prendeva molto a cuore i problemi personali degli alunni e quelli della loro formazione. Era convinto che nella scuola più che altrove si vivesse l’epoca della complessità, che non ha steccati, ma ibrida saperi, mescola storia, teoria, sogni e speranze. Riteneva il Piano dell’Offerta Formativa una sorta di Piano di volo prima di intraprendere la rotta verso l’avventura della conoscenza.

Ugualmente attento era nei confronti dei docenti con i quali si intratteneva in maniera informale. Li conosceva bene i suoi professori e di ognuno era in grado di percepire, in poco tempo, personalità e preparazione.  Estimatore della buona cucina amava spesso condividere con gli insegnanti momenti di serena convivialità durante i quali si scatenava la sua ironia sottile che, a volte, poteva diventare anche caustica e dissacrante. Gli piaceva intrattenersi con gli amici e non mancava in questi incontri di sfoderare il suo fare scanzonato, così lontano da quella solitudine esistenziale che, a volte, lasciava trasparire.

Come tutti  anche Luciano aveva delle debolezze e mi piace ricordare, perché ancora mi fa sorridere, quella volta in cui, durante una manifestazione scolastica, non riuscimmo dopo il suo intervento a farlo scendere tra il pubblico in platea. Rimase tra le quinte del teatro, entrando e uscendo a suo piacimento dal palco e divenendo in tal modo il protagonista indiscusso della giornata. Non è stato da meno in tante altre occasioni a conclusione delle quali,  con un sorriso divertito, aveva anche il vezzo di chiedere: “Come sono andato?”.

Al di là di questi momenti e di ogni altra considerazione,  Luciano Colantuoni era soprattutto un uomo di studi e di pensiero,  non amava i contrasti e cercava quanto più possibile di appianare le divergenze piccole o grandi che fossero. Negli ultimi tempi però avvertiva sempre di più l’inquietudine di una stagione che definiva fosca e disperante, in relazione alla situazione della scuola in generale e forse della sua scuola in particolare. Aveva inoltre la sensazione che i ragazzi fossero sempre più fragili e soli, alla ricerca d’identità con un’ansia ideale, un desiderio diffuso e confuso di un mondo diverso. A conclusione di ogni anno scolastico faceva intuire sempre, con una certa malinconia, la possibilità di un cambiamento, di un distacco.

Nessuno mai avrebbe potuto immaginare quanto quelle parole fossero  profetiche. Ci mancherà Luciano, come amico, come dirigente, come uomo di cultura. Mancherà anche a tanti che hanno avuto modo di  apprezzare le sue straordinarie qualità intellettuali.

Durante il periodo della sua degenza al centro “Don Gnocchi” di S. Angelo dei Lombardi, ho pensato più volte di fargli visita, ma non ne ho avuto il coraggio. Ero convinta e lo sono tuttora che non sarei  stata capace di vederlo  spento, senz’anima. Non ne sono pentita affatto. Come tanti suoi amici preferisco ricordarlo con i suoi occhiali spessi, il bizzarro riporto svolazzante, l’espressione impertinente e divertita.

A lui che ci ha lasciati in un caldo giorno d’estate un ultimo pensiero:

…che la terra ti sia lieve,

che la notte sia serena,

che le stelle possano rischiarare il tuo nuovo cammino.

 Margaret  Memmolo


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