Conserve alimentari e rischio microbiologico: i nemici invisibili
E’ innegabile affermare che quando vengono portate in tavola conserve fatte in casa è sempre una bella soddisfazione e quale miglior periodo, se non quello estivo, per dedicarsi alla preparazione? Spesso però vengono ignorati i potenziali rischi che si celano dietro alle conserve domestiche e così un piatto genuino può trasformarsi in un vero e proprio pericolo per la salute. Un cibo mal conservato, manipolato in modo scorretto o esposto ad inquinamenti di vario tipo può infatti provocare seri danni a chi lo consuma.
Anche se meno note di altre patologie le tossinfezioni alimentari (sindromi conseguenti al consumo recente di alimenti contaminati da agenti patogeni o dalle loro tossine) rappresentano un crescente problema per la salute pubblica sia a livello nazionale che internazionale. Senza entrare troppo nei particolari, è bene sapere che attualmente sono conosciute oltre 250 malattie trasmesse da alimenti, causate da diversi microrganismi (batteri, muffe, virus e parassiti). Inoltre, ogni anno vengono identificati nuovi patogeni, definiti patogeni emergenti, alcuni dei quali si diffondono anche per effetto dell’incremento degli scambi commerciali, del ricorso alla ristorazione collettiva e dei grandi allevamenti intensivi.
In natura nessun alimento è sterile. I germi possono danneggiare i cibi degradandone le caratteristiche organolettiche così da generare, in seguito, un rischio per la salute più o meno grave a seconda della specie contaminante. La possibilità che si verifichi una contaminazione microbica, e di quale tipo, dipende poi dall’ambiente di provenienza, dalle modalità di lavorazione e di conservazione. Gli alimenti che vengono aggrediti con più facilità, e che permettono lo sviluppo delle specie patogene, sono quelli definiti “deperibili” (carne, pesce, latte, uova e ortaggi, sia freschi che cotti). Altri alimenti quali frutta molto acida (ananas, ciliegie, lamponi, mirtilli, pompelmi, limoni, ecc.), salumi, formaggi a pasta dura o semidura, yogurt, latte, creme pastorizzate, vino ed aceto, presentano una conservabilità maggiore rispetto a quella dei prodotti deperibili, dovuta alle caratteristiche chimico-fisiche, naturali o acquisite per effetto di un trattamento tecnologico. Questi prodotti sono attaccati prevalentemente da batteri alterativi, mentre il rischio di sviluppo di patogeni è abbastanza basso.
Le conserve preparate in modo artigianale, come ad esempio le verdure sott’olio, sono i prodotti con cui si è più a rischio di tossinfezione alimentare e, tra i vari microrganismi, il Clostridium botulinum è la specie batterica maggiormente incriminata. Anche i prodotti industriali però non sono scevri da questo rischio: proprio pochi giorni fa, infatti, il Ministero della Salute ha lanciato l’allarme in merito alla possibile contaminazione di un lotto di pesto alla genovese transitato in una piattaforma di vendita situata nell’alessandrino.
Il Botulismo è una malattia paralizzante che può colpire individui di tutte le età (non è trasmissibile da persona a persona) con sintomi che solitamente si manifestano molto rapidamente, da poche ore a pochi giorni dall’ingestione della tossina (6 ore – 15 giorni). Le persone che ingeriscono la tossina botulinica presentano tutti i sintomi tipici di una paralisi neurale: annebbiamento e sdoppiamento della vista, rallentamento e difficoltà di espressione, fatica nell’ingerire, secchezza della bocca, debolezza muscolare con paralisi successiva. Nausea, vomito, stipsi o diarrea non sempre sono presenti. Se non si interviene adeguatamente si ha paralisi progressiva dei muscoli con difficoltà respiratorie e morte.
Il principale veicolo della tossina botulinica è rappresentato proprio da verdure in scatola e conservate, seguito dalle conserve di pesce. I prodotti caseari, le conserve di carne e il pollame costituiscono invece un veicolo minore, anche se non sono del tutto esenti da rischi. L’intossicazione da Clostridium botulinum è stata riconosciuta come tale per la prima volta in Germania, nel 1793. Tredici persone si intossicarono con salsicce affumicate crude conservate a temperatura ambiente. Pare che il nome “botulismo” venne ricavato dal latino “botulus”, salsiccia. Anche le salsicce, e gli insaccati casalinghi in genere, come le conserve in vasetto, sono infatti a rischio in quanto sotto la pelle usata per confezionarle si formano condizioni favorevoli allo sviluppo di questo batterio (anaerobiosi, cioè la capacità di svilupparsi solo in ambienti privi di ossigeno, o meglio in cui la concentrazione di ossigeno è inferiore al 2%).
E’ possibile operare in forma preventiva facendo assoluta attenzione alle norme igieniche per evitare la presenza del batterio nelle varie fasi di preparazione e conservazione. La tossina botulinica viene distrutta alle alte temperature e quindi la sterilizzazione dei cibi in vasetto e in scatola, tramite bollitura per almeno 10 minuti, ne garantisce l’eliminazione. Cotture a temperature più basse possono distruggere alcune tossine ma esistono forme altamente resistenti che necessitano di una vera e propria sterilizzazione. L’acidità e il contenuto in sale contribuiscono a controllare lo sviluppo del batterio riducendo quindi la possibilità che venga prodotta la tossina. Infine, è importante non consumare conserve che, all’apertura, siano maleodoranti o che presentino contenitori rigonfi in modo anomalo.
L’elenco dei “nemici invisibili” è davvero lungo ed è importante sapere però che sono presenti praticamente ovunque. A tal proposito è fondamentale sottolineare che l’osservazione di alcune semplici regole di igiene della persona e della preparazione dei cibi può evitare la contaminazione derivante sia dagli ambienti di origine degli alimenti, sia da quelli di lavorazione, e le contaminazioni crociate (da alimento ad alimento o tra parti diverse dello stesso prodotto) che si verificano al momento in cui vengono lavorati e conservati in maniera non corretta.
“Batteri e uomini non riconoscono obblighi reciproci e non hanno interessi comuni”. (J. Passmore)
Lino Moscato


