Il grande Gatsby ed il sogno mancato

Il grande Gatsby

«C’era qualcosa in lui, una grande sensibilità. Era quasi come uno di quegli apparecchi che registrano i terremoti a 10mila miglia di distanza» – così, all’inizio del film, lo descrive Nick Carraway, giovane ragazzo che di Gatsby è forse il maggiore confidente. L’unico che riesca a dare una definizione tangibile di Jay Gatsby, il ricco proprietario dell’enorme castello sulle rive di Long Island.

Accanto alla sua maestosa villa, vi è una più piccola dove Nick decide di passare la sua estate, con l’intento di studiare per diventare un grande uomo d’affari. La presenza di Gatsby lì vicino è però impossibile da ignorare. Ogni week-end innumerevoli macchine di Newyorkesi invadono il castello per bere, ballare e divertirsi. Anche Nick, una sera, partecipa ad una di queste iperboliche feste, su invito dello stesso padrone di casa. E’ qui che conosce Gatsby, che subito si avvicina a Nick come se volesse scrutarlo meglio. Forse cerca solo un amico, un confidente. Dopotutto Gatsby sa di essere troppo piccolo in quella villa monumentale. Eppure sembra che viva una favola di cui lui è autore e protagonista.

La perfezione del suo castello fa a cazzotti con la sua indole indecifrabile e folgorante. Il mistero alberga nei suoi occhi: quello sguardo nasconde una grande speranza. E solo col tempo, dopo tante chiacchierate, Nick scopre che la speranza di Gatsby ha un nome: Daisy, la graziosa moglie del ricco Tom Buchanan e cugina di Nick.

Tutta la vita di Gatsby è legata a Daisy, con cui aveva avuto una storia d’amore anni addietro, prima che arrivasse la guerra a portarlo via. A portare via lei fu, invece, Tom Buchanan. Il sogno d’amore di Gatsby non si è però mai fermato. Il suo legame viscerale con la donna potrà prendere vita ora che lui è tornato a Long Island.

Sembra tutto perfetto. Gatsby sembra aver raggiunto il bramato successo. Non ha però fatto i conti con il tempo, che ha mutato cose e persone. Daisy si è costruita una vita senza di lui e neanche il fiabesco castello, che Gatsby aveva costruito come loro nido d’amore, sembra farle cambiare idea.

Ma chi è in realtà Gatsby? Di lui dicono che sia terzo cugino dell’imperatore Germanico e secondo cugino del diavolo. Dicono che abbia ucciso un uomo e che si sia arricchito con mezzi illegali. Un uomo avvolto nel mistero, profondo, silenzioso, ermetico, poco credibile per il suo modo di parlare.

La stazza di Gatsby invade il maxi-schermo, avvolta da colori vivaci e suoni martellanti. Questa, che è la quarta versione dell’omonimo romanzo di Fitzgerald, rispetta appieno il libro. Per questo, a tratti, risulta inconsistente e le musiche disdicevoli: il rap e il pop contemporaneo sostituiscono il jazz degli anni ‘20, tempestando la mente dello spettatore con suoni non sempre adeguati.

“Gatsby è un sognatore che investe in un sogno morto”, scrive il critico Lawrence Toppman. Noi non possiamo far altro che sottoscrivere le sue parole, ancora abbagliati dal lucente fascino di Gatsby.

 

Irene De Domincis


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