«Il Processo» di Franz Kafka
Nel 1924 lo scrittore boemo Franz Kafka, malato terminale di tubercolosi, affida all’amico Max Brod i suoi manoscritti inediti con l’ordine tassativo di distruggerli, tra questi, fortunatamente salvati dalla mancata esecuzione delle volontà dello scrittore, vi sono i tre romanzi fondamentali della sua opera : America, Il Processo ed Il Castello.
Il Processo venne pubblicato postumo un anno dopo, nel 1925, e subito si impose per la grande forza letteraria e la straordinaria capacità di cogliere i più reconditi aspetti dell’animo umano con uno stile ed una prospettiva descrittiva completamente nuova.
Oggi è considerato una delle massime espressioni della letteratura del novecento, è inserito nella lista redatta da Le Monde tra i cento libri del secolo ed il suo stesso autore è universalmente riconosciuto tra i più grandi narratori di ogni tempo.
Il Processo narra la vicenda surreale di Joseph K., rispettabile impiegato bancario, che improvvisamente viene arrestato nella sua abitazione, senza però essere costretto alla detenzione, per un reato, che non verrà mai esplicitato nell’intero evolversi della vicenda, che lo porterà alla progressiva immedesimazione nelle vesti del colpevole nei confronti di una macchina legislativa incomprensibile ed avulsa da qualsiasi logica, sino all’inevitabile quanto ingiustificata condanna a morte.
Dietro la semplice quanto geniale trama del romanzo, si nasconde la complessa logica che sottende l’intero dipanarsi della storia, con i suoi personaggi grotteschi e sfuggenti, le accennate descrizioni dei visi e dei luoghi, il soffermarsi volontario su dettagli apparentemente inutili, il tutto magistralmente calibrato per far piombare il lettore nelle vesti e nelle emozioni del protagonista, come se la storia di Joseph K non fosse altro che la storia di ognuno di noi, la metafora soffocante dell’esistenza contemporanea e la sconfitta senza appello nei confronti delle nostre paure e dei nostri misteri irrisolti.
Nessun altro romanzo riesce ad esprimere l’angoscia esistenziale della disumanizzante contemporaneità senza mai far accenno ad un solo stato d’animo del protagonista; è la sua stessa storia, le sue reazioni a volte incomprensibili, l’asfissiante architettura dei luoghi che lo circondano, la ciclicità degli eventi e la lucida assenza dei sentimenti e delle motivazioni di ogni singolo evento a raccontarci la vera storia dentro la storia, fin quando è il lettore stesso a trovarsi imprigionato nell’algida follia di un processo a suo carico, un processo alla sua fragilità di essere umano, un processo alle sue certezze e alla affannosa ricerca di una felicità che è al di là di tempo e delle sue esperienze, un processo alle certezze della razionalità e ai voli pindarici della fantasia, un processo che ci coinvolge e ci attanaglia tutti ogni singolo giorno, un processo che, senza un’accusa disvelata, spazza via qualsiasi speranza di assoluzione.
Il Processo è un’opera d’arte di valenza indiscussa, è un romanzo che esprime concetti ed emozioni universali e ci racconta in una maniera assolutamente nuova ed unica la parabola della nostra vita, l’eterna contesa tra il bene ed il male, i mille enigmi che sovrastano e che, troppo spesso, condizionano l’insostenibile fragilità delle nostre esistenze.
Massimo Lo Pilato


